“Donna al volante, pericolo costante”: quante volte ognuno di noi ha usato o anche solo sentito questa espressione? Una frase, diciamolo, un pochino obsoleta al giorno d’oggi e ancorata a una visione distorta della realtà delle cose.
Nelle scorse settimane abbiamo introdotto questo argomento, quello del rapporto tra il genere femminile e l’Automotive, con un articolo che ha ripercorso il legame più specifico tra le donne e l’auto elettrica.
Ma in realtà la relazione tra il gentil sesso e i motori posa le sue radici in un contesto ancora più ampio.
Le eroine delle auto
Come detto, le donne e le quattro ruote hanno forse una storia complicata e spesso piena di stereotipi alle spalle. Tuttavia, esse stesse sono state protagoniste indiscusse all’interno dell’industria automobilistica, tanto quanto gli uomini.
Grandi appassionate di motori, fuoriclasse in velocità e visionarie imprenditrici, hanno contribuito al processo di evoluzione dell’auto, un processo fatto di invenzioni, traguardi sportivi ed esempi di emancipazione femminile all’interno della storia motoristica.
Oltre alla già citata Bertha Benz, sono numerose le donne che hanno portato delle rivoluzioni o anche solo dei piccoli miglioramenti nel panorama automobilistico. Un altro esempio è quello di Louise Sarazin che, dopo la morte del marito, ha assunto la direzione della Daimler.
Ma non solo. La duchessa Anne D’Usez è ricordata per essere la prima donna ad aver preso la patente (e a essere multata per eccesso di velocità). Negli anni Venti, la D’Usez ha poi fondato il primo club automobilistico femminile in Francia.
Ma il contributo delle donne trova spazio anche nel processo concreto di sviluppo dell’auto.
Invenzioni al femminile
Margaret Wilcox, per esempio, è stata l’ideatrice del riscaldamento nelle auto, mentre Mary Anderson ha portato alla luce i tergicristalli. Certo, tutte invenzioni che poi sono state studiate e affinate nel corso degli anni, ma che hanno dato il via al concept dell’auto come oggi siamo abituati a intenderla.
Lo stesso si può dire di Florence Lawrence, stella del cinema che ha creato i primi segnali di stop e le frecce, e di Hedy Lamarr, altra star del cinema hollywoodiano i cui studi sono stati alla base dell’attuale GPS.
Menzione particolare va fatta anche per Dorothy Levitt, la prima donna a partecipare a una competizione automobilistica nel 1903. Tre anni più tardi, la Levitt ha stabilito anche il record mondiale di velocità, toccando i 146 chilometri orari.
Successivamente, è stata anche autrice di un libro sui consigli di guida per signore, che ha dato il “La” alla realizzazione dello specchietto retrovisore.
Ultima ma non meno importante la franco-russa Sonia Delaunay-Terk, che ha progettato la prima auto con un rivestimento in lamiera unificato, dipingendola con i colori dei propri abiti. Una tendenza, questa, che negli anni successivi è stata ripresa anche dalla Bauhaus.
Un settore che cambia…
Questi sono solo alcuni esempi di come e in che misura le donne abbiano contribuito in gran parte allo sviluppo del settore Automotive.
Oggi rimangono ancora molti i pregiudizi, quando si affronta questo tema, contornati anche da un velo di curiosità misto a incertezza. Un esempio? Quando dico di essere appassionata di auto e di motorsport, generalmente la prima osservazione che viene fatta è: “Ma come? È strano per una ragazza!”.
E io, automaticamente, mi chiedo: ma perché dovrebbe essere così strano? Al di là del mio caso nello specifico, diversi studi e diverse statistiche hanno evidenziato come le donne presentino delle esperienze, delle caratteristiche e delle affinità con il settore dell’auto. Alla pari degli uomini.
È chiaro come ci siano ancora margini di miglioramento per un’integrazione dei generi all’interno del settore Automotive, anche se mi sorge spontanea un’altra domanda: ma nel 2022 ancora dobbiamo parlare di parità di genere, emancipazione e coesistenza?
Non sembrano forse argomentazioni sterili in un mercato che sta affrontando una serie di cambiamenti che lo porteranno nel tempo a essere più efficiente ed eco-sostenibile?
Il processo è avviato nel segno della transizione elettrica, delle nuove forme di mobilità, smart city e smart mobility.
A questo deve accompagnarsi un salto culturale, di mentalità, di comportamento che riguarda anche l’abbandono di pregiudizi ormai anacronistici.
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