I cambiamenti che attraversano il mercato dell’Automotive, sia dal lato dell’offerta sia sul versante della domanda di mobilità, investono inevitabilmente anche le politiche aziendali in materia di acquisto e gestione delle flotte.

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© Ayvens

Da sempre, il documento principe preposto a regolamentare l’assegnazione dei veicoli aziendali e la successiva gestione sotto ogni aspetto è la Car Policy.

Un documento che spesso non ha avuto la giusta attenzione, a volte sottovalutato se non addirittura mai finalizzato e condiviso nelle aziende.

Eppure, la Car Policy, per i suoi contenuti e per la molteplicità dei soggetti interessati, dovrebbe meritarsi una certa ribalta, se non altro perché nel documento gli assegnatari delle auto trovano le modalità di attribuzione, i limiti nell’utilizzo, le condotte attese, la gestione degli eventi in corso di esercizio alla guida.

Effettivamente, la Car Policy, una volta definita in tutti i suoi aspetti, approvata dalle funzioni preposte, dovrebbe essere sottoposta al driver per accettazione sottoscritta.

Che cosa contiene la Car Policy?

Una compiuta Car Policy deve contenere i ruoli aziendali destinatari dei veicoli, in ragione dell’inquadramento contrattuale ma anche delle mansioni svolte.

Le regole dovranno poi disciplinare il cambio del modello di auto nel caso di passaggio di livello o di modifica delle mansioni svolte, oltre ovviamente il processo di restituzione alla data concordata o in caso di limite chilometrico raggiunto.

Al suo interno, la Car Policy ingloba la Car list, vale a dire l’elenco dei modelli che andranno a comporre la flotta.

La Car policy non si limita alla lista delle vetture, ma dispone anche i livelli di allestimento e i costi in caso di upgrade, il tipo di alimentazione, oggi particolarmente rilevante in ottica di calcolo delle emissioni nocive nel parametro grammi/km, l’eventuale installazione di sistemi telematici.

Proprio sul tema della gestione telematica della flotta, la Car Policy sarà tenuta a considerare il rispetto della privacy nella gestione delle informazioni sensibili tracciate dai sistemi presenti nei veicoli connessi.

Ancora, la Car Policy avrà al suo interno il manuale operativo, che disciplina:

  • le regole da seguire in caso di manutenzione ordinaria ma anche straordinaria o di sinistri a partire dalle franchigie e dall’eventuale traino;
  • come gestire l’auto sostitutiva in caso se ne avesse diritto;
  • le contravvenzioni prese dal driver;
  • l’acquisto del carburante e sua tracciabilità;
  • il furto parziale o completo della vettura assegnata

Come è evidente, la delicatezza delle informazioni contenute, la sua rilevanza in termini di costi, l’impatto sulle politiche retributive e di gratifica del personale, comporta che la Car Policy anche se redatta dal Fleet Manager deve recepire le indicazioni di altre divisioni aziendali, a partire dall’ufficio acquisti, dal Legale, oltre che muoversi all’interno e in coerenza con le indicazioni provenienti dall’HR manager.

Ma come è cambiata la Car Policy?

Non c’è dubbio che, cosi come descritta, abbia seguito l’evoluzione del fleet management in ragione delle mutate esigenze e del contesto del mercato.

In particolare, la figura del Fleet Manager ha spostato il proprio focus dalla Car list verso il costo di esercizio del parco, lavorando per ottimizzare la gestione della flotta in termini di efficienza.

In linea con una graduale preferenza verso le forme di noleggio, dove, nella definizione del canone complessivo, alla quota finanziaria si somma la parte legata ai servizi, oltre che con il diffondersi della misurazione del c.d. TCO (total cost ownership), il responsabile della flotta aziendale non si limita più a rispettare le classi di auto indicate dalla Car Policy, ma mostra una sempre maggiore attenzione riguardo alla fornitura di manutenzione, ai consumi, ai ricambi, al costo dei servizi accessori.

Ultimamente stiamo assistendo ad una successiva evoluzione della Car policy e del ruolo del Fleet Manager a seguito delle nuove normative sia europee che nazionali.

Ci riferiamo ai regolamenti in tema di impatto ambientale, con conseguente riduzione delle emissioni complessive espresse dalla gamma di auto, i limiti alla circolazione nelle aree urbane, la fiscalità dei fringe benefit influenzata dal rapporto g/km, la deadline ancora in vigore al 2035 per il bando alla vendita dei motori termici.

A queste disposizioni va aggiunta la Legge 77/20 che ha allargato la figura del mobility manager, un ruolo nei confronti del quale il Master continua a dedicare ampio spazio e approfondimenti.

Mobility e Fleet manager, due ruoli border line soprattutto nelle aziende dove il parco auto si compone anche di vetture utilizzate in uso promiscuo dai dipendenti.

La complessità normativa, accompagnata da un’accentuata sensibilità ambientale e soprattutto dalla rilevanza dei costi di esercizio, ha comportato un adeguamento anche della Car Policy che si amplia con raccomandazioni anche sugli spostamenti casa lavoro.

Un significato che ha provocato una differente interpretazione del documento: da Car a Mobility Policy.

La dimostrazione che la mobilità è anche una responsabilità sociale e non soltanto aziendale.